giovedì, settembre 05, 2024

Tommaso Merlo

 Trump, l’establishment e la vera democrazia


Trump potrebbe incredibilmente ancora farcela. E non c’è dubbio, tra Kamala che si propone come cameriera dell’establishment ed un vecchio narcisista che potrebbe terremotarlo, meglio quest’ultimo. Almeno magari cambia qualcosa anche solo per sbaglio. Trump sta pure perdendo colpi, gli si inceppa spesso il cervello e farnetica. Ancora meglio, ancora più pericoloso. Fa comizi di un’era e mezza talmente nauseabondi che fuggono di soppiatto perfino i suoi hooligans con la pelle di nutria in testa, dai mega palasport è passato agli scantinati pur di riempire, eppure nei sondaggi regge. E questo nonostante abbia spudoratamente contro tutti i media mainstream e talmente tante grane giudiziarie che non riesce più a seguire nemmeno lui. Incredibile. Quanto alla sua strategia elettorale è sempre la stessa, raffiche di fregnacce assortite, un continuo lodarsi ed imbrodarsi da solo per traguardi peraltro mai raggiunti e prendere a pesci in faccia gli avversari. Narcisismo tossico vicino alla data di scadenza e quindi sempre più acido. Di Kamala dice che è tonta e le addossa la colpa per ogni magagna del Creato. Se un Trump in queste condizioni arrivasse alla Casa Bianca ne vedremo davvero delle belle e la fine dell’impero a stelle strisce potrebbe fare significativi passi avanti. Trump ha già avvisato Zelensky che la prossima volta che lo chiama frignando che vuole altre armi, gli fa il segno dell’ombrello davanti alla webcam. Trump vuole fare la pace con Putin e già questo non sarebbe affatto male. Trump poi detesta la Nato, dice che non ha più senso. Era nata per difenderci ed invece ci sta trascinando alla terza guerra mondiale. Giustissimo. Anche gli orologi rotti segnalano l’ora giusta un paio di volte al giorno. Ormai siamo ridotti così, per vedere del cambiamento politico dobbiamo sperare che i politicanti perdano la trebisonda al punto da diventare delle mine vaganti capaci di liberarsi dai lacci delle lobby e del conformismo e di farla fuori dal vasino. Perché si sa, repubblicani e democratici sono la stessa identica robaccia, sono due compagnie teatrali che mettono in scena spettacoli pensati per abbindolare il proprio pubblico. E una volta presi i voti, salutame a soreta. Come avviene anche da noi. Pensiero unico neoliberista, carnevalate elettorali e poi profitto e nulla cosmico al potere. Su Gaza invece Trump è come i democratici, una marionetta di Netanyahu. Si vede che la lobby pro Israele se l’è comprato al chilo e a tempo debito. Del resto si sa, le grandi lobby fanno shopping in entrambi gli schieramenti per stare tranquille. Ma se Trump ancora regge, è anche perché i suoi cavalli di battaglia sono ancora in voga. Come l’immigrazione e cioè il terrore di perdere la propria identità tutta bandiera, rodei e pollo fritto. Il vecchio Trump promette muro col Messico e deportazioni di massa, ma si è messo anche a farfugliare di carovita essendo un tema trendy. Pare infatti che il sogno americano delle nuove generazioni sia andarsene a vivere altrove, in paesi dove non rischiano di venire trivellati di colpi, dove oltre al lavoro c’è ancora altro, dove per mangiare non serve fare mutui e dove se finiscono in ospedale non vengono rapinati e dove perfino i poveri possono studiare. Trump si siede ogni mattina su un water d’oro massiccio ma garantisce che risolverà tutto nel giro di un paio di giorni tra gli ululati di cow-boy alticci ed illuminati terrapiattisti. Ma ad idolatrarlo non ci sono loro, se Trump è incredibilmente ancora in corsa e Kamala è ferma al palo, lo si deve soprattutto all’odio generalizzato verso l’establishment, verso una politica sempre più ipocrita e molle. Trump è ancora percepito come antisistema e lo votano più perché detestano gli ipocriti perbenisti come la Harris che per ammirazione. Odio verso quei politicanti con la bocca sempre piena di bei discorsi e frasi strafatte, politicanti dalle buone maniere e dalle smorfie sempre azzeccate, attori rodati che in fondo non credono a nulla se non alla loro carriera e che invece di cambiare il sistema lo cavalcano. Si omologano, si imborghesiscono e finiscono sempre per inginocchiarsi alle lobby invece che alla volontà popolare. Quella che stiamo vivendo è una profonda crisi democratica, più che politica. Certo, vi sono spaventosi rigurgiti ideologici figli della paura di un mondo che cambia in fretta, ma sta anche emergendo una nuova società civile sempre più globale, nuove sensibilità, nuove prospettive. Quello che manca davvero è qualcuno che la rappresenta democraticamente, dei movimenti all’esclusivo servizio dei cittadini che invece di subire la storia abbiano l’ambizione di farla. In attesa di novità, tra una cameriera dell’establishment ed un vecchio narcisista che potrebbe terremotarlo, meglio quest’ultimo.

Tommaso Merlo

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