mercoledì, novembre 11, 2020

Leggi razziali

 IL RAZZISMO ITALIANO

Ma come poté accadere che uno Stato sovrano voltasse le spalle ai suoi stessi cittadini, perseguitandoli e condannandoli ad una tragica sorte che qualche anno più tardi si sarebbe conclusa nei campi di sterminio?

Innanzitutto va detto che simili provvedimenti allinearono l'Italia al suo potente alleato, la Germania di Hitler, dove le norme antisemite erano già ampiamente applicate fin dal 1935 con le tristemente celebri Leggi di Norimberga.

Il nazismo infatti - e dal 1938, di fatto, anche il fascismo - riteneva la razza ebraica un male da estirpare, un popolo di parassiti e corrotti che veniva accusato di arricchirsi alle spalle della povera gente e di ordire intrighi per sovvertire l'ordine mondiale. In quegli anni, ogni nefandezza veniva imputata agli ebrei!

Ma non si trattava di un pensiero isolato: il razzismo, ossia l'idea che esista una razza superiore destinata per natura a dominare su tutte le altre, in quell'epoca era una corrente di pensiero ampiamente diffusa, sostenuta anche da ricerche e studi antropologici. Poco prima delle leggi razziali infatti, alcuni scienziati dell'epoca avevano firmato il 5 agosto del 1938 il Manifesto della Razza, un decalogo di teorie razziste che posero le basi "scientifiche" per la promulgazione delle norme antisemite.

Tale manifesto ovviamente non fu accettato ma tutti gli intellettuali e studiosi italiani, ma le reazioni indignate furono flebili e subito messe a tacere.

FONTI:

Emilio Gentile: "Fascismo. Storia e interpretazione"; Renzo De Felice: "Storia degli ebrei italiani sotto il fascismo"

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