venerdì, giugno 14, 2024

Tommaso Merlo

 La lezione del Movimento e il possibile bis


In aula si picchiano per la commemorazione della “buonanima” del tre volte presidente del consiglio, la stessa con cui il Movimento alla fine andò al governo. L’antiberlusconismo era un pilastro portante del Movimento originario, argine alla deriva morale e commerciale della politica. Ma non solo. Il Movimento era anche fermamente contro la vecchia partitocrazia di cui il Pd è l’espressione più ripugnante. Sinistra popolare diventata fredda tecnocrazia elitaria che ha sempre avvallato le peggiori storture del sistema neoliberista. Guardandosi attorno oggi, che la destra e la sinistra fossero la stessa cosa era davvero una visione profetica. Il tracollo del Movimento iniziò proprio quando andò al governo col Pd che rifiutò accordi scritti e lo trascinò nel pantano dei palazzi, sul suo terreno. Un abbraccio mortale che ha poi portato ad una progressiva perdita di pezzi e di direzione fino all’implosione. Oggi quello che rimane del Movimento è in ginocchio in attesa del fatico sì del Pd alle nozze di coalizione. Davvero incredibile col senno di poi. Una fine peggiore di ogni previsione. Il Movimento originario ambiva ad un suo polo o comunque a fare da solo alleandosi con chi ci stava su temi specifici di volta in volta. Come fatto con successo con Salvini. Mentre il padano portava a spasso il suo ego, il Movimento sfornava leggi che la Lega doveva votare. Stava funzionando, fino al Papete. Inizio della fine di Salvini ma anche del Movimento. Sono passati pochi anni ma sembrano decenni. Oggi i protagonisti della stagione gialloverde sono alla canna del gas, i restauratori ingrassano satolli nei palazzi, mentre la grande maggioranza dei cittadini diserta schifata. Ennesima prova della validità delle istanze di quegli anni. Ma andiamo con ordine. A determinare lo straordinario successo elettorale del Movimento fu la sua natura anti-sistema, il suo sacrosanto obiettivo di sconfiggere la vecchia partitocrazia corrotta ed inconcludente e addirittura di introdurre un nuovo modo di fare politica, più partecipativo, pratico e anche trasparente grazie alle nuove tecnologie. Non più tromboni in carriera e celebrità di latta, ma cittadini desiderosi di mettersi al servizio delle idee. Non più politichese ma fatti concreti. Non più pifferai ma intelligenza collettiva. Seppur inedito, il Movimento ottenne il consenso di milioni di persone esasperate, dimostrando come agli italiani non manca coraggio perlomeno nelle urne. Il fallimento di Conte e di quello che è rimasto del Movimento si spiega così. Nell’aver aderito al sistema e alle sue logiche partitocratiche. Con l’aggravante di averlo fatto in un sistema politico ed economico neoliberista che ci sta portando all’autodistruzione. Anche l’idea di un partito accentrato sulla figura di un leader e del suo consenso personale, non erano affatto parte della cultura originaria del Movimento che anzi andava in direzione opposta. Quella del contributo paritario tra tutti i cittadini, quella dei programmi prima delle persone. La tragicomica parabola del fu Movimento sta dimostrando quanto siano ancora attuali molte idee originarie e giorno dopo giorno emergono in modo cristallino i macroscopici errori commessi strada facendo. Nel bene e nel male, l’esperienza del Movimento ha insegnato tanto. Certo, il Movimento godette di una tempesta perfetta, ma accaduto una volta può benissimo riaccadere che dalla società civile emergano alternative politiche di tale portata. Soprattutto oggi che il consenso muta a velocità virali e l’informazione viaggia su altre frequenze. Il Movimento ha inoltre dimostrato che oggi non servono soldi e nemmeno burocrazie e santi in paradiso per farcela, solo una proposta valida. Ma rieccoci al triste presente. Un immenso patrimonio di consenso ed entusiasmo dilapidato e il problema di cosa fare. La drammaticità dei numeri parla chiaro e se la politica fosse come la vita reale, Conte ma anche tutti i dirigenti del fu Movimento dovrebbero dimettersi. Hanno avuto il comando, hanno fatto di testa loro e adesso se ne devono assumere la responsabilità. Senza rancore, senza drammi, pura igiene democratica. In attesa di sviluppi, rimane comunque difficile che dalle ceneri del Movimento rinasca qualcosa di valido politicamente a meno di rivoluzioni copernicane. Anche perché nome e simbolo e tutto il progetto hanno perso credibilità e i cittadini disdegnano le minestre riscaldate. Ma arrendersi mai. Il Movimento ha dimostrato che è possibile sfidare il sistema e addirittura conquistare il potere partendo dalla strada, e la maggioranza degli italiani che non vota non aspetta altro che un nuovo progetto di cambiamento radicale degno della loro fiducia.

Tommaso Merlo

Nessun commento: