mercoledì, giugno 15, 2022

Enrica Sabatini

 Giuseppe Conte è un grande bluff politico.

Lo capimmo durante le interlocuzioni con il Movimento in cui si rifiutava di pagare i debiti con i lavoratori. Le sue dichiarazioni pubbliche erano spesso e volentieri in contrasto con quello che diceva o faceva nel privato delle nostre conversazioni.
Programmava comunicazioni pubbliche prima o dopo gli incontri per essere sicuro di calibrare il giusto livello di tensione nelle interlocuzioni: in un momento particolare alzava lo scontro, in un altro invece rassicurava che tutto stesse andando bene. Indipendentemente dalla realtà. Era tutto studiato a tavolino per costruire il proprio consenso e, nel nostro caso, screditare la controparte.
Era incredibile.
Oppure accadeva che garantisse una dichiarazione pubblica coordinata tra le parti, per abbassare i toni sulla stampa, ma poi si accendeva in attacchi mediatici gratuiti e senza preavviso che ci lasciavano basiti.
Ricordo molto bene quando affermó pubblicamente: “i debiti non si discutono, ma si onorano” mentre nel privato non faceva altro che contestare, procrastinare o contraddire ciò che si era stabilito poco prima. A Report, pochi giorni fa, è arrivato addirittura a mentire - con una facilità disarmante - affermando che aveva proposto a Rousseau un contratto che invece non è mai stato fatto.
Quello che divenne chiaro, per tutto il tempo dei nostri dialoghi, era la distanza siderale tra la persona reale e il personaggio creato. Come nel parco giochi quando entri nella stanza degli specchi e davanti a te vedi uno, dieci, mille volti.
Dopo la nostra esperienza è toccato anche a Beppe. Che è arrivato a descriverlo in questo modo: "non ha né visione politica, né capacità manageriali. Non ha esperienza di organizzazioni, né capacità di innovazione".
Aveva avuto modo di conoscerlo meglio.
E questo era il risultato.
Ecco perché non mi ha sorpreso per nulla vedere il MoVimento crollato al 2,2%. Nessuno riusciva a immaginare che la forza politica di maggioranza relativa in parlamento, con una visibilità mediatica immensa, risorse economiche da capogiro e centinaia di parlamentari potesse morire così. Ma era facilmente prevedibile.
La mancanza di autenticità alla fine emerge sempre.
E se le persone vogliono fare un selfie con te perché sei “famoso”, non significa che vedano in te un leader politico capace.
Non esiste una relazione di simmetria tra la realtà che vuoi creare e quella che vedono gli altri. La popolarità non è sinonimo di credibilità. Così come l’assenza di una visione non si compensa con il proliferare di visibilità madiatica.
Era evidente che in quell’uomo non ci fosse l’urgenza di costruire posizioni, ma di assicurarsi un posizionamento.
Non era la persona giusta per il MoVimento perché non era del MoVimento, non conosceva il MoVimento, non amava il MoVimento.
Amava quello che lui poteva diventare con esso.
E i cittadini lo hanno visto.
Oggi se fosse un vero leader metterebbe sul tavolo le sue dimissioni e quelle di tutti coloro che sono responsabili del peggior fallimento elettorale mai visto nel MoVimento, ma non lo farà.
La realtà sarà manipolata, comunicata, costruita. Ancora una volta. Il personaggio è ormai incastrato sul palco, nella sua stessa sceneggiatura.
Anche se ad assistere in platea ormai non c'è più nessuno.
Tu, Liliana Coppola, Giuseppe Sica e altri 241
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