venerdì, maggio 31, 2024

giovedì, maggio 30, 2024

Elio Lannutti

 I guerrafondai USA, che hanno fomentato in Ucraina la guerra per procura pagata dai popoli Ue, sull’orlo del crac finanziario, col debito pubblico arrivato a 34.617 mld di dollari. 12 mesi prima era di 31.458 miliardi. In un anno il debito pubblico statunitense è aumentato di 3.160 miliardi di dollari, pari al livello del debito pubblico tedesco. Vendere i titoli del debito pubblico USA (come sta facendo la Cina), un dovere etico, geopolitico e morale, prima che scatti la bancarotta fraudolenta ! 


di Mario Lettieri* e Paolo Raimondi**


C’è un uno strano e assordante silenzio dell’Unione europea e dei vari governi sul livello del debito pubblico americano e sulla sua insostenibile crescita. Parlarne è nell’interesse della stabilità economica e politica del nostro continente. Ignorarne l’impatto globale potrebbe essere interpretato nel mondo come una sottomessa complicità.


È forse la paura di rivelare l’incontenibile crollo del sistema di Bretton Woods? In ogni caso il conto da pagare si sta presentando senza che i maggiori attori coinvolti abbiano un vero piano B nel cassetto.  


È lo stesso Tesoro Usa a fornire i dati ufficiali della crisi del debito che sono stati pubblicati dal Monthly statement on public debt, il rapporto mensile del fiscaldata.treasury.gov. A fine aprile 2024 il debito pubblico totale, chiamato Total Treasury Security Outstanding, cioè la somma delle varie obbligazioni e dei titoli di debito pubblico, era pari a 34.617 miliardi di dollari. 12 mesi prima tale somma era di 31.458 miliardi. In un anno il debito pubblico è aumentato di 3.160 miliardi di dollari, pari al livello del debito pubblico della Germania, la quarta potenza economica mondiale, e molto di più del nostro debito pubblico. Tutto ciò in 12 mesi! 


Non è una cosa normale! Non sono neanche delle fake news. Circa 26.000 miliardi della cifra sopra menzionata sono considerati “marketable”, cioè sono titoli negoziabili sul mercato. Di questi, circa il 23% sono obbligazioni della durata di un anno o meno, il 50% sono obbligazioni con scadenza da 2 a 10 anni e solo il resto ha una scadenza di 20-30 anni. Il che pone il rifinanziamento del debito in scadenza in una posizione di alto rischio. Il rischio che si aggiunge ai pericoli insiti nella strabiliante crescita.


È doveroso evidenziare che più di 8.000 miliardi di dollari dei titoli “marketable” sono posseduti da operatori stranieri e istituti finanziari internazionali, cioè da investitori il cui comportamento è difficilmente prevedibile, anche perché spesso sono mossi da interessi speculativi.


Inoltre, durante quest’anno fiscale, il pagamento degli interessi sul debito si “mangerà” il 13,5% dell’intero bilancio federale, con un aumento di 2,6 volte rispetto al 2021.


Il quadro è inquietante e le aspettative non sono rosee. Nel primo trimestre del 2024 l’aumento del pil è stato dell’1,6%, un punto in meno di quanto previsto, mentre l’inflazione ha raggiunto il tasso annualizzato del 3,7%, 2% in più del quarto trimestre del 2023. Ciò ha portato a una revisione dei piani di riduzione del tasso di interesse della Federal Reserve. A fine 2023 si parlava di ben 6 ritocchi al ribasso durante quest’anno, oggi si pensa che ci potrebbe essere al massimo un ritocco.


Inspiegabilmente pochi mettono a fuoco il problema del debito, molti, invece, parlano di una possibile stagflazione, un nuovo periodo di stagnazione economica con alta inflazione.


Non è il caso del Financial Times. Essendo il portavoce della City, il maggiore centro della grande finanza mondiale, non può che essere preoccupato. In un recente editoriale dal titolo “Le ombre lunghe del crescente debito dell’America” si esprime la preoccupazione che gli Usa rischiano un nuovo “caso Liz Truss”: Si ricordi che le proposte fiscali dell’allora primo ministro britannico nel settembre 2022 fecero crollare il mercato delle obbligazioni inglesi. E con esso lo stesso governo Truss. Il giornale rileva che “il debito americano è su un percorso insostenibile”. Avverte anche che “l’influenza globale degli Usa potrebbe indurre a un pericoloso compiacimento tra i suoi leader politici”. Ovviamente, più che soluzioni il Financial Times propone la classica ricetta dell’austerità: maggiori tasse e tagli alle spese di bilancio.


Sotto osservazione sono, quindi, le obbligazioni pubbliche e i loro tassi d’interesse. I titoli del Tesoro statunitense sono il punto di riferimento per la determinazione del prezzo del debito a livello globale. Il Fmi sostiene che l’aumento dell’1% nei tassi statunitensi ha portato a più 0,9% nei rendimenti obbligazionari di altre economie cosiddette avanzate e al più 1% nei mercati emergenti. Il FT avverte, o minaccia, che qualora i dirigenti Usa non dovessero intervenire “ i trader obbligazionari, presi dal panico, potrebbero costringerli a farlo.”  


Da molto tempo si ragiona sulla necessità di una grande riforma monetaria e finanziaria nel contesto di un nuovo ordine internazionale multilaterale. Nel frattempo la situazione geopolitica si è, purtroppo, molto incancrenita. La speranza, però, è l’ultima a morire. Oggi, più di ieri, l’unico attore che potrebbe mediare e tracciare un percorso verso una nuova Bretton Woods sarebbe l’Europa sovrana e indipendente.


*già sottosegretario all’Economia **economista

mercoledì, maggio 29, 2024

Caivano

 Giulio Cavalli 


Questione di stile


La camminata da gallo cedrone, la rabbia covata e preparata e infine quella stretta di mano ciondolante con cui Giorgia Meloni si presenta al governatore della Campania: “Presidente De Luca, la stronza della Meloni!”.


Ieri al Parco Verde di Caivano avremmo potuto parlare e scrivere di molte cose. Avremmo potuto ricordare, ad esempio, che la criminalità organizzata si sconfigge nel momento in cui si decide di accedere a quello che Falcone e Borsellino chiamavano “livello superiore”, smettendo di credere che le mafie siano un fenomeno solo criminale e non politico. Avremmo potuto anche salutare l’inaugurazione di un centro sportivo e culturale in un’area depressa, abbracciando l’idea che la repressione delle mafie non passi per forza dai manganelli e dalle operazioni più pubblicitarie che poliziesche.


La presidente del Consiglio invece ha deciso di trasformare un’occasione sociale in una vendetta personale nei confronti del governatore della Campania, perseguendo la manutenzione della propria immagine nonostante il contesto istituzionale. Non è una novità e no, non è una caduta di stile. Lei che si avvinghia alla mano di un avversario politico con la soddisfazione di vendicarsi è la fotografia di una guida di governo rabbiosa, spietata con i nemici, che a tratti travalica il proprio ruolo.


Giorgia Meloni ha scelto di essere la presidente del Consiglio non “di tutti gli italiani”, al contrario di ciò che aveva promesso nel suo discorso di insediamento e al contrario del contegno istituzionale minimo che si addice a qualsiasi presidente del Consiglio. Meloni anelava a quel ruolo per togliersi i sassolini dalle scarpe, per regolare i conti con avversari ed alleati, convinta che la sua vendetta sia davvero un’opera di interesse nazionale.


Qualche giorno fa aveva deciso di irridere gli spettatori di La7 (qualche milione di italiani). Così la rivincita suona come un livore represso. Perfino nei confronti di De Luca. Che, apostrofandola a suo tempo con quello stesso epiteto rinfacciatogli da Giorgia, non si era certo dimostrato un campione di educazione.


di Giulio Cavalli

Bradisismo


 

martedì, maggio 28, 2024

Tommaso Merlo

 L’orrore di Gaza, i complici e le elezioni


Bambini e donne fatti a pezzi e carbonizzati. Un orrore infinito. Netanyahu liquida tutto come incidente ma si tratta dell’ennesimo crimine di guerra di cui risponderà. È in corso un genocidio svenduto grottescamente come diritto a difendersi. È in corso un genocidio attuato con armi prodotte e vendute da noi occidentali, paladini dei diritti umani e della democrazia. Le classi dirigenti occidentali si nascondono dietro vuote parole ma non stanno facendo nulla per fermare l’orrore. E anche loro ne risponderanno perlomeno nelle urne. La furia omicida del governo israeliano non si fermerà finché rimarrà senza armi e soldi. Ed è questa l’unica cosa da fare. Bloccare ogni fornitura al governo di Netanyahu, un embargo economico e militare che li costringa a cedere. Inutile infatti appellarsi a valori morali che hanno sempre ignorato o ad istituzioni o leggi internazionali che hanno sempre calpestato e non serve a nulla nemmeno illudersi che daranno retta agli appelli di politicanti che hanno sempre comprato. Un regime militarizzato capisce solo il linguaggio della guerra, devono rimanere senza rifornimenti, devono rimanere senza mezzi sia per offendere che per difendersi. Solo quando la loro sicurezza sarà a rischio, si placheranno. È in corso un genocidio di fatto. Da mesi. Un orrore che sta avvenendo con armi prodotte e vendute da noi occidentali. Già, siamo tutti complici. I cittadini che se ne fregano come i cittadini che tifano, ma soprattutto coloro che hanno il potere di fare qualcosa e non lo fanno, i politicanti che si nascondono dietro insulse frasi fatte, che sminuiscono, che chiacchierano d’altro. Una vergogna epocale che potrebbe essere il preludio di profondi cambiamenti. Il destino ha infatti voluto che in pieno genocidio vi siano le elezioni negli Stati Uniti e in Inghilterra, i due paesi maggiormente responsabili del disastro israelo-palestinese oltre che in Europa. Biden è un dead men walking anche politicamente e con lui verrà sepolta un’intera generazione di tecnocrati democratici per la sua viltà su Gaza. In Inghilterra il leader laburista Keir Starmer sembrava galoppare verso il trionfo dopo il disastro del miliardario indiano ed invece per la sua ambiguità zoppica vistosamente. Anche per le Europee lo spettacolo è vergognoso. Gli illustri candidati avrebbero preferito parlare delle solite fregnacce in attesa dell’ennesima poltrona ed invece sono costretti ad arrampicarsi sugli specchi per coprire di fatto la propria complicità omissiva. A Bruxelles si parla di indagini e di incriminazioni per complicità della Van der Leyen, altro che confermarla. Appena sale su un pulpito viene contestata per la sua viscida inerzia. Il parlamento europeo è profondamente spaccato e le capitale delle democrazie più evolute sono in subbuglio. Da una parte Gaza dove è in atto un orrore senza fine, dall’altra una nuova coscienza globale che non vuole più assistere a certe porcherie e tantomeno esserne complice, in mezzo una classe politica ipocrita e del tutto inadeguata, una classe politica in balia di lobby e carrierismo che blatera sul nulla mentre bambini e donne finiscono a pezzi e carbonizzati sotto le bombe israeliane made in Occidente. Una vergogna epocale che potrebbe essere il preludio di profondi cambiamenti.

Tommaso Merlo

lunedì, maggio 27, 2024

MartaeMelissa


 

Tommaso Merlo

 Evviva gli immigrati, abbasso i politicanti


Gli immigrati stanno salvando l’Italia, gli italiani la stanno rovinando. Sarebbe ora che nasca un movimento pro immigrati che spazzi via le insopportabili ipocrisie con cui paesi come l’Italia trattano questa annosa questione. L’immigrazione ha fatto la fortuna di molti politicanti che grazie ai poveri cristi sui barconi hanno raccattato voti e fatto carriera. E questo senza risolvere nulla. L’immigrazione infatti continua, l’unica differenza è che i media organici ne parlano di meno perché dà fastidio ai reggenti. Ma più che l’immigrazione in sé, ad aver fatto la fortuna dei politicanti è la paura da essa generata. Paura dell’invasore che è paura di dover aggiungere un posto a tavola, paura di perdere la propria presunta identità, paura del cambiamento. E se una persona ha paura è disposta a tutto, compreso votare il primo ciarlatano che gli promette la luna. Una paura che si è fatta odio verso il diverso, che si è fatto meschino razzismo. Come se le razze esistessero davvero e come se gli immigrati fossero tutti delinquenti e non fosse invece delinquenziale il modo in cui vengono trattati. I politici hanno sempre speculato sull’immigrazione senza risolvere nulla. Sia perché non gli conveniva, sia per impotenza. L’immigrazione è un fenomeno globale e paeselli come l’Italia non posso farci nulla tranne salvare vite in mare e gestire in maniera intelligente i nuovi arrivi. Solo la cooperazione internazionale aiuterebbe a gestire meglio il fenomeno, ma la politica romanocentrica ha sempre fallito. Realtà da una parte, inganno propagandistico dall’altra. A sbarcare sono esseri umani in cerca di lavoro e normalità. Esattamente quello di cui ha disperatamente bisogno l’Italia e tutta Europa dove nessuno fa più figli e nemmeno certi lavoracci. Senza immigrati chiuderebbero interi comparti economici troppo usuranti per i giovani autoctoni cresciti nella bambagia. Senza gli immigrati chiuderebbero interi paesi dell’entroterra. Dove ormai le scuole sono aperte per i loro figli, gli uffici per le loro pratiche, gli alimentari per le loro famiglie e sono loro i nuovi contadini, muratori ed idraulici. Il contributo economico ma anche sociale degli immigrati è sempre più essenziale. Stanno letteralmente salvando nazioni vecchie e rattrappite come la nostra. Stanno spendendo i loro anni e le loro energie migliori qui e che lo stato non riconosca i loro figli come italiani e li lasci in un limbo, è assolutamente vergognoso. Noi siamo dove cresciamo e le chiacchiere burocratiche stanno a zero. Invece di speculare sull’immigrazione, sarebbe ora che la politica dica le cose come stanno e si dimostri all’altezza di una democrazia sana. Gli immigrati sono una risorsa strategica e non affatto un problema. E paesi come l’Italia dovrebbe ringraziarli invece che discriminarli. Una ipocrisia ancora più indigesta se si pensa che molti immigrati sono stati costretti a scappare da paesi ridotti in miseria dallo sfruttamento capitalista occidentale o da guerre scatenate in nome della pace. Se poi alcuni immigrati finiscono per strada nelle grandi città, la colpa è nostra, non loro. Li trasformiamo noi in criminali non dandogli l’opportunità di regolarizzarsi, di integrarsi e di guadagnarsi da vivere in modo onesto. Ed è questo che dovrebbe fare l’Italia e tutta Europa, smetterla di speculare politicamente sull’immigrazione e accogliere tutti come nuovi ed essenziali cittadini regolari parte di un mondo sempre più integrato e globale. Già, gli immigrati stanno salvando l’Italia, sono gli italiani che la stanno rovinando, a partire dai politicanti.

Tommaso Merlo

domenica, maggio 26, 2024

giovedì, maggio 23, 2024

Attivista 5 stelle


 

Prof. Orsini

 Questo è un giorno molto bello per me. Vorrei festeggiarlo con tutte le persone che mi vogliono bene e a loro dedicarlo. Esce la mia nuova monografia accademica in lingua inglese: Alessandro Orsini, Sociological Theory. From Comte to Postcolonialism, Cham: Palgrave MacMillan 2024, 668 pp.  


 “Questo libro offre una panoramica chiaramente strutturata ed equilibrata degli approcci sociologici. È saldamente radicato nella storia della tradizione delle scienze sociali e mostra con dettaglio e intuizione la varietà di prospettive dei principali pensatori e scuole fino ad oggi. I capitoli ritagliano efficacemente le nicchie dei diversi approcci e mostrano la loro rilevanza e applicabilità alle questioni contemporanee in modo di facile comprensione”.

(Patrik Aspers, Professor of Sociology, University of St. Gallen, Switzerland) 


“Rivelando gli elementi di base dei pensatori chiave e le principali tendenze – le loro somiglianze così come i disaccordi tra loro – questo libro mostra come pensare sociologicamente. Allo stesso tempo, dimostra che la teorizzazione sociologica non si limita alla biblioteca, ma può guidare gli interventi nel mondo della politica e le contestazioni del potere. Questo è un libro per insegnanti e non soltanto per studenti. La teoria sociologica, come la racconta Alessandro Orsini, è vivace, rilevante e positivamente originale”.

(Jack Barbalet, Professor of Sociology, Institute for Humanities and Social Sciences, Australian Catholic University, Australia)


“Alessandro Orsini ha prodotto un libro di testo importante che dovrebbe attrarre coloro che cercano un'introduzione avvincente alla teoria sociologica che offra anche un punto di vista unico sulla disciplina. Accanto ai capitoli sulle scuole di pensiero, Orsini ha fornito ampio spazio a pensatori come Pareto e Spencer, la cui influenza è spesso trascurata altrove: i lettori apprezzeranno la passione di Orsini per lo sviluppo storico dell’argomento.”

(Dr Mark Murphy, Reader in Education and Public Policy, University of Glasgow, UK)


https://link.springer.com/book/10.1007/978-3-031-52539-1

mercoledì, maggio 22, 2024

martedì, maggio 21, 2024

Tommaso Merlo

 Netanyahu, i suoi complici occidentali e la verità


Se Netanyahu è un criminale di guerra, altrettanto lo sono i paesi che gli vendono armi a genocidio in corso. La richiesta di arresto da parte del procuratore del Tribunale Internazionale, porta la tragedia di Gaza ad un livello inedito che fa ben sperare. Sta emergendo infatti la verità storica, un passo fondamentale per una possibile via di uscita. La propaganda pro-Israele che da sempre domina la narrazione occidentale, ha permesso ai governi israeliani di perseguitare i palestinesi nella totale impunità per oltre settant’anni. Nonostante Israele abbia sempre violato il diritto internazionale ed ignorato le istituzioni a partire dalle Nazioni Unite, ha sempre goduto di copertura politica e di sostegno incondizionato. Ma se Netanyahu è un criminale di guerra, allora crolla la favoletta di Israele democrazia liberale modello che va difesa ad ogni costo. E se Netanyahu è un criminale di guerra, non regge la propaganda della legittima difesa e del diritto ad esistere negando quello altrui. Emergerebbe piuttosto la verità. Il genocidio in corso a Gaza è il culmine di decenni di violenze perpetrate in tutti i territori palestinesi ed attualmente in Israele vige un intollerabile regime di apartheid. Verità che potrebbero far crollare il muro. Quello dell’ignoranza, dell’ipocrisia, dell’indifferenza, della cieca faziosità. Muri nelle menti dei cittadini ma soprattutto dei politicanti. Il rintronato Netanyahu blatera di antisemitismo, ma il tempo per certe barzellette sembra scaduto. Le piazze del mondo si sono riempite di persone che non odiano gli ebrei, ma detestano lui e il suo governo neofascista e lo scempio che sta commettendo a Gaza. Netanyahu è poi detestato anche a casa sua e da ebrei sparsi per il mondo che si vergognano della deriva sionista in corso. Sono poi preoccupati. Il neofascismo arrogante del governo Netanyahu sta portando Israele verso l’autodistruzione. Altro che terra promessa, un inferno. Ma è storia, nulla di nuovo. Politicaccia che sfrutta da sempre religioni, nazionalità, culture e passato per meschini scopi egoistici. Il procuratore del Tribunale Internazionale intanto chiede l’arresto anche per i leader di Hamas mettendoli tutti sullo stesso piano. E ci sta. Quello del 7 Ottobre è stato un disgustoso massacro, una violenza che non ha mai giustificazioni per nessuno. Altro punto chiave per il futuro. Se i palestinesi vogliono cogliere questa opportunità storica, devono abbandonare Hamas e virare verso movimenti democratici e non violenti. Altrimenti passeranno dal neofascismo giudaico a quello islamico. Ma c’è di più. Se Netanyahu è un criminale di guerra, allora i paesi occidentali che hanno continuato a sostenerlo e vendergli armi sono complici. Italia inclusa. Per questo c’è altissima tensione ai piani alti della politica globale dopo la richiesta di arresto. Temono crolli tutto. Temono di dover renderne conto. Le piazze del mondo intero si sono riempite in solidarietà della tragedia palestinese, la propaganda pro-Israele fa acqua e non riesce più a coprire le malefatte di Netanyahu e adesso ci si mette di mezzo pure il Tribunale Internazionale. Soffia un nuovo vento che sta spazzando via decenni di bugie e manipolazioni propagandistiche. La verità prima o poi trova sempre un modo per emergere e la Terra Santa non fa eccezione. Una situazione davvero rischiosa per i politicanti occidentali che per far carriera hanno dovuto sposare la causa di Israele. Sono in fibrillazione, devono capire il momento giusto per rimangiarsi tutto in modo da non compromettere la poltrona. Già, sta emergendo la verità, un passo fondamentale per una possibile via di uscita. E mentre gli azzeccagarbugli si scervellano e i politicanti tremano a Gaza si continua a morire. 

Tommaso Merlo

lunedì, maggio 20, 2024

domenica, maggio 19, 2024

Tommaso Merlo

 Il boicottaggio delle elezioni Europee e la speranza


Alle europee eleggiamo da decenni politicanti che a Bruxelles non ci vanno neanche. Troppo lontano e nuvoloso e poi lo stipendio arriva lo stesso. Quello europeo è uno dei quei poltronifici in cui la politica italiana parcheggia tradizionalmente trombati di lusso, dinosauri carrieristici, nuove leve in attesa del grande salto e starlette prendivoti. Con la chicca che per anni sono stati eletti europarlamentari antieuropei, in sostanza dei sabotatori che han speso anni a sputare nel piatto in cui mangiavano. Con queste classi dirigenti la repubblica europea non nascerà mai e rischia anzi di arenarsi per sempre. Non ha nemmeno senso aspettarsi che il processo di unificazione politica continentale lo compia la burocrazia brussellese, non è il suo mestiere. Solo i popoli europei potranno compiere la storica impresa. Lo faranno quando saranno culturalmente pronti e daranno vita a classi dirigenti all’altezza. Del resto solo se espressione della volontà popolare e quindi rappresentativa e legittimata, la repubblica europea potrà avere successo. Al momento l’Europa è impantanata per colpa delle classi dirigenti nazionali che non vogliono perdere il loro potere residuo. In realtà oggi a comandare è infatti il mercato finanziario oltre che il sistema lobbistico - che in Italiano si traduce in mafie bianche – che non hanno nessuna remora democratica. Gruppi di potere senza volto che pagano la politica e fanno pressioni sulle burocrazie per ottenere regole favorevoli e prebende. Siamo fermi qui. Mentre a livello nazionale la politica chiacchiera sul nulla, la finanzia globale decide la rotta del pianeta e le mafie lobbistiche assaltano giornalmente la burocrazia di Bruxelles. Affinché il progetto politico europeo riprenda, i cittadini continentali devono semplicemente rendersi conto della realtà. Tutte le sfide politiche cruciali oggi sono comuni e solo insieme possiamo risolverle. Le questioni economiche, l’immigrazione, sicurezza e terrorismo, nuove tecnologie, sfide ambientali e perfino quelle sanitarie sono tutte globali e i politicanti nazionali sono del tutto impotenti. È cronaca degli ultimi anni. Cambiano i governi, ma restano i problemi. Le nazioni hanno esaurito il loro compito storico e sono del tutto inadeguate. Quanto al contesto generale, le nuove superpotenze emergenti come la Cina o l’India sono masse continentali e solo una repubblica europea unita può reggere la sfida. Necessità ma anche legittimo desiderio ad esprimersi. L’Europa ha un patrimonio di esperienze, conoscenze e valori che la renderebbero un leader globale virtuoso e solo uniti i popoli europei potranno tornare a scrivere la storia invece di subirla. Rinchiudersi nel proprio giardinetto nazionale quando il mondo è globale, significa delegare ad altri il proprio destino, significa in sostanza rinunciare ad una democrazia capace di rappresentarci nel mondo reale. Eppure la tendenza è opposta. Le nuove e difficili sfide globali unite all’atavica paura del cambiamento, hanno generato un riflusso sovranista negli ultimi anni. Un riflusso retrogrado che le classi dirigenti nazionali hanno ovviamente cavalcato per l’unica cosa a cui tengono davvero che è la loro carriera. La paura rende eccome nelle urne. Ti votano se li consoli, se li rassicuri. Non se gli dici la dura verità e li sproni guardare oltre i loro muri mentali. Il risultato è sotto gli occhi di tutti. Paesi come l’Italia sono in balia della corrente globale. L’Europa è detestata anche se non esiste e l’unificazione politica è arenata. Inutile contare su queste classi dirigenti, la repubblica europea nascerà solo per slancio popolare grazie a nuove generazioni culturalmente europee. Boicottare le elezioni europee alle porte significa non stare al gioco, significa mandare un segnale di dissenso totale ma anche di speranza per il futuro.


Tommaso Merlo

sabato, maggio 18, 2024

venerdì, maggio 17, 2024

Prof Orsini

 Pagina Alessandro Orsini 


"La querelle della querela. In queste ore, sto ricevendo una grandissima solidarietà. Migliaia di messaggi e tantissime telefonate. Molti avvocati si sono offerti di difendermi gratuitamente. Tutto ciò che posso dirvi è che vado avanti così da due anni e so che questo è soltanto l’inizio. Corriere della Sera, la Repubblica, la Stampa, il Giornale, Open, il Riformista, tornano ad assaltarmi. 

Ho nemici potentissimi e un grande prezzo da pagare per la mia libertà di critica in Italia in difesa dei diritti umani. La campagna d’odio che ho dovuto fronteggiare in questi due anni è niente rispetto a quello che mi aspetta. I miei potentissimi nemici stanno soltanto aspettando il momento più propizio per saltarmi addosso e chiudermi la bocca. Non a caso, la loro richiesta da due anni è sempre la stessa, oggi nuovamente reiterata: chiudere tutti i miei social, espellermi dalle televisioni, dalle radio, dai quotidiani e dall’università con un licenziamento. 

Vivo sotto assedio; non ho più una vita normale da molto tempo. Eppure, questo assalto ininterrotto mi ha lasciato imperturbato. Israele è uno Stato terrorista, responsabile di un genocidio a Gaza. Israele ha massacrato 14.000 bambini palestinesi con le pallottole di Biden, il più grande criminale del mondo che arma la mano assassina di Netanyahu. Essere un soldato israeliano oggi è la più grande vergogna del mondo. Non abbiate paura, lottate per un mondo migliore. La cultura come strumento di liberazione da ogni forma di oppressione".

giovedì, maggio 16, 2024

mercoledì, maggio 15, 2024

Tommaso Merlo

 La disparità tra ucraine e palestinesi


In Ucraina l’Occidente arma e finanzia un popolo invaso, in Israele arma e finanzia l’invasore. Una incoerenza impressionante. Come se gli ucraini avessero diritti umani inviolabili e degni di essere difesi, mentre i palestinesi non ne avessero. Come se sul fronte ucraino fosse in gioco la libertà di un popolo a vivere a casa propria ed autodeterminarsi, mentre in Palestina no. Come se gli Ucraini fossero esseri umani come noi, mentre i palestinesi no. Una incoerenza impressionante possibile grazie al fatto che la guerra è una scelta e di natura politica. La guerra si fa quando conviene, non quando è giusto. Per decenni l’Occidente ha scatenato guerre in nome della democrazia e dei diritti umani, miliardi e vite gettate per poi lasciare alle spalle solo macerie. Dall’Afghanistan dove dopo vent’anni trionfano i Talebani o in Iraq dove ancora si leccano le ferite. Guerre fatte per sottrarre risorse, per svuotare i magazzini ed ingrassare l’indotto bellico e per ragioni cosiddette strategiche. Per piazzare cioè basi militari nei pressi di presunti nemici, dalla Cina alla Russia. Ed è proprio per questo che è scoppiata la guerra in Ucraina, quei bulli degli americani volevano coronare in fretta e furia il loro sogno proibito di piazzare basi militari alle porte di Mosca. E grazie alla complicità di un governo di Kiev amatoriale e della nullità politica dell’Europea, hanno scatenato l’inferno. Che Putin fosse un mussolini di stampo mafioso lo si sapeva da lungo tempo. Si è divorato la democrazia russa e nel suo curriculum spiccano gemme come quella cecena. Era impensabile piazzare missili sull’uscio di casa di Putin e pretendere che il suo ego da secolo scorso facesse spallucce. La guerra poteva essere evitata gestendo la questione ucraina politicamente, coordinando con Mosca la transizione del vasto territorio ucraino verso un’altra sfera d’influenza dopo secoli a braccetto coi sovietici. Ma forse nemmeno gli americani pretendevano di trasformare l’Ucraina in una base militare NATO senza conseguenze, è che era tempo di una nuova guerra. La guerra è una scelta che si fa perché conviene. È cronaca. L’Europa sta spendendo miliardi di soldi dei poveri cristi che non riescono ad arrivare a fine mese per finanziare il massacro in Ucraina. Il business del decennio per l’indotto bellico. Una guerra ovviamente per procura, altra specialità della casa occidentale. Fornire armi e guardarsi lo spettacolo dal divano. Già, il problema dei palestinesi è che la loro guerra non rende, anzi, rende vendere le armi ad Israele, al loro invasore. Miliardi che paesi come l’Italia incassano da anni senza battere ciglio, armi poi usate per perseguitare i palestinesi alla faccia dei diritti umani e della libertà di autodeterminazione. A livello strategico poi, è Israele l’alleato di ferro dell’Occidente e quindi se occupa tutta la terra palestinese non cambia nulla, anzi, meglio. Una incoerenza impressionante resa possibile da una politica alla mercè delle lobby e del proprio ego. Potentati economici interessati solo al profitto e ad ogni costo, politicanti interessati solo alla propria carriera e non certo a cambiare un mondo che gli ha permesso di insediarsi su quella poltrona. Il compito principale della politica oggi è far digerire alle masse il pensiero unico e smussare le impressionanti incoerenze come quella della disparità di trattamento tra ucraini e palestinesi.

Tommaso Merlo

martedì, maggio 14, 2024

lunedì, maggio 13, 2024

Elio Lannutti

 Questione morale e “Genova per Loro”: al di là della presunzione di innocenza fino alla sentenza definitiva, le carte della lodevole, coraggiosa inchiesta dei Pm, in primis del bravissimo Nicola Piacente, rivelano un collaudato sistema di potere spudorato e corrotto, più raffinato e sofisticato del passato, un autentico “do ut des”, che fa impallidire perfino tangentopoli.

"I politici non hanno smesso di rubare, hanno smesso di vergognarsi” (Davigo)

domenica, maggio 12, 2024

sabato, maggio 11, 2024

venerdì, maggio 10, 2024

Prof. Orsini

 Pagina Alessandro Orsini 

Stiamo commettendo con l’Iran lo stesso errore commesso con la  Russia. Scoppiata la guerra in Ucraina, i media occidentali si  affrettarono ad assicurare che la Russia fosse debolissima e che  l’Occidente l’avrebbe schiacciata agevolmente. Poi l’Ucraina ha perso la  guerra rovinosamente e abbiamo scoperto che l’industria militare della  Russia sovrasta quella della Nato. Stati Uniti ed Europa riescono a  produrre al massimo 1,2 milioni di munizioni all'anno per l’artiglieria;  la Russia riesce a produrne 3 milioni. La Russia è un singolo Paese;  la Nato è composta da 32 Stati. La guerra in Ucraina è stata un duro  colpo per i complessi di superiorità dell’Occidente. Lo schema si ripete  con l’Iran.

Come ho spiegato ieri sera a Rete 4, l’idea dominante è che Israele  sia più forte e potente dell’Iran, ma non è affatto vero. Israele non  avrebbe nessuna possibilità di vincere una guerra con l’Iran in uno  scontro frontale uno-contro-uno. Israele è un Paese minuscolo e senza  risorse. Di contro, l’Iran ha una popolazione di 90 milioni di abitanti,  risorse energetiche illimitate e una capacità missilistica spaventosa  per il Medio Oriente. Sentiamo ripetere spesso che l’aviazione  israeliana è imbattibile. Ma questo è un mito infantile. L’aviazione  israeliana è entrata nella leggenda per la sua guerra a sorpresa contro  l’Egitto nel 1967, quando i suoi piloti distrussero l’aviazione nemica  prima che si alzasse in volo.

La situazione con l’Iran è completamente diversa.

In primo luogo, l’Egitto dormiva quando ha subito l’attacco d’Israele nel 1967, mentre l’Iran resta sveglio 365 giorni all’anno nell’attesa  di un bombardamento. Se gli aerei israeliani entrassero nei cieli  iraniani, si ritroverebbero con centinaia di missili addosso. L’Iran è  pieno di missili; si è preparato minuziosamente a un attacco aereo perché vive nella paura che avenga all'improvviso. Tolto l’effetto  sorpresa, che cosa resterebbe a Israele? Molto poco. Per non parlare  della capacità di ritorsione di Teheran. L’Egitto del 1967 [...]. 

Il mio nuovo editoriale per sicurezza internazionale esce ora. Terrò la prossima diretta con gli abbonati di sicurezza internazionale il 30 aprile dalle 19 alle 20. 


https://www.sicurezzainternazionale.com/commenti/liran-e-piu-potente-di-quel-che-sembra/

giovedì, maggio 09, 2024

mercoledì, maggio 08, 2024

Prof. Orsini

 Ricoprire i partiti di soldi pubblici non risolverà il problema. Ai tempi della prima Repubblica, i partiti ricevevano tantissimi soldi pubblici e tantissime tangenti dalle imprese private. Il problema non è il tipo di finanziamento, ma il tipo di moralità dei partiti. Troppi politici italiani non hanno quel freno interiore, quel “poliziotto interno” di cui parlava Talcott Parsons nei suoi studi bellissimi sulla socializzazione, che impedisce all’individuo di rubare anche quando è nascosto all’opinione pubblica. Dove le telecamere non arrivano, dovrebbe arrivare la coscienza morale, il Super-Io: “Se prendo questi soldi, mi vergogno”. Quando questo meccanismo psicologico non scatta, la corruzione è sempre in agguato. I partiti hanno fallito la loro missione educativa? Sono in grado di educare ed, eventualmente, in che modo? Che tipo di educazione offrono? Questo sarebbe un interessante argomento di discussione.

martedì, maggio 07, 2024

lunedì, maggio 06, 2024

Tommaso Merlo

 La polizia malmena gli studenti fuori dai campus americani. La rivolta pro Gaza dà fastidio alla Casa Bianca perché tocca una piaga della democrazia a stelle e strisce. La politica in balia delle lobby invece che al servizio del popolo, coi soldi che contano più dei voti. Quello di Biden non è marasma senile, ma paura della verità dopo decenni di ipocrisia. Non c’è nessuna reale ragione economica o strategica che giustifichi il supporto incondizionato degli Stati Uniti ad Israele e tantomeno alla sua versione più nera guidata da Netanyahu. Nessuna reale ragione se non la grande potenza della lobby pro Israele in quel di Washington. Nessun complottismo, un fatto conclamato ed ormai ammesso apertamente da esponenti di spicco dell’élite statunitense. È il sistema che funziona così e quella pro Israele è una lobby tra le tante anche se storica e molto radicata. Anche l’imbarazzante doppio standard con cui gli Stati Uniti si spacciano nel mondo come paladini della democrazia e dei diritti umani mentre coi Palestinesi hanno chiuso occhi ed orecchi, si spiega così. La Casa Bianca ha assecondando Netanyahu e i suoi sodali scalmanati per anni in ogni nefandezza con picchi tragicomici come coi veti e le astensioni al Consiglio di Sicurezza dell’ONU mentre migliaia di donne e bambini morivano sotto le bombe made in USA. Il lobbismo è una gravissima depravazione democratica che questo conflitto israelo-palestinese sta clamorosamente svergognando grazie ad un duplice fattore. La lobby pro Israele è molto potente nei media tradizionali ed è sempre riuscita a fare leva sulle solite litanie propagandistiche. Tipo il presunto antisemitismo di chiunque critichi la politica di Tel Aviv oppure la retorica del diritto alla difesa e all’esistenza quando si aggredisce e si nega l’esistenza altrui. Netanyahu pensava di poter fare i suoi comodi anche questa volta e che i media tradizionali avrebbero fatto digerire tutto alle masse dormienti occidentali mentre il nauseabondo politically correct dei politicanti in carriera avrebbe completato l’opera come da tradizione. Ma terrorizzato dal dover rispondere del disastro del 7 ottobre e di dover appendere la lingua al chiodo per sempre, il vecchio Netanyahu e i suoi amichetti scalmanati si son fatti prendere la mano sottovalutando contemporaneamente l’era social grazie alla quale le vittime del loro odio si son trovate in diretto contatto con miliardi di persone sparse per il mondo. E senza filtro. Le interazioni pro Gaza hanno stradominato la rete, al punto che Tel Aviv ha cercato di correre ai ripari investendo cifre folli in contro-informazione. Tutto inutile, la più lunga e sanguinaria guerra dal 1948 ha fatto il giro del mondo in tutta la sua cristallina brutalità scatenando proteste dalla vastità inedita. Un’ondata che ha costretto i flaccidi politicanti di molti paesi a darsi una mossa, ad esempio accelerando il riconoscimento dello Stato Palestinese o sanzionando i coloni israeliani più estremisti con doppio passaporto. Fatti inediti. Come quello del Tribunale Internazionale che esamina addirittura l’accusa di genocidio, una parola mai nemmeno contemplata sui media tradizionali prima d’ora. Ed eccoci qui. Cessate il fuoco o meno, la questione palestinese rimane intatta nella sua drammaticità, con Israele però mai così debole per le profonde fratture interne, per una immagine internazionale ormai compromessa e nemici regionali mai così agguerriti. Per il giurassico Biden davvero una brutta grana a pochi mesi dalle elezioni. Quel farabutto di Trump passa più tempo in tribunale che a far comizi eppure tiene ancora nei sondaggi. Nonostante pornostar pagate in nero ed intrighi da telenovela sudamericana di quart’ordine, quel vecchio maiale ancora se la gioca e la mummia di Biden trema solo all’idea di dover rispondere di quanto la lobby pro Israele spadroneggi in quel di Washington da un’eternità, da quando era ancora bello arzillo. Ecco allora la polizia americana manganellare gli studenti universitari che osano chiedere addirittura una Palestina finalmente libera. Davvero troppo. Serve un cessato il fuoco al più presto e calmare gli animi, serve normalità. Ci sono le elezioni a novembre e non è il momento di parlare di politica in balia delle lobby invece che al servizio del popolo e di soldi che contano più dei voti. And God bless America. 

Tommaso Merlo

sabato, maggio 04, 2024

venerdì, maggio 03, 2024

Elio Lannutti

 2 maggio 2014 a Odessa nel Palazzo dei Sindacati sono stati massacrati e arsi vivi i manifestanti che si opposero al colpo di stato di euromaidan, schierandosi in difesa della Costituzione in una manifestazione pacifica. 


Con questo terribile massacro i criminali ucronazisti hanno iniziato la loro sanguinosa bacchanalia dei crimini efferati e massacri di massa, che ha affogato l’Ucraina nel dolore e ha gettato il Paese nella terribile guerra fratricida, nel totale silenzio dei media internazionali, con la complicità dei poteri occidentali.


Nel 2015 ho realizzato il monumento in ricordo dei martiri di Odessa. Questo monumento è stato installato all’ingresso del piazzale dei Martiri di Odessa nella graziosa cittadina lombarda Ceriano Laghetto. Questo è stato possibile grazie alla straordinaria sensibilità e coraggio del sindaco di questa cittadina lombarda, Dante Cattaneo, e dei suoi assessori. 


Il mio/nostro monumento è l’unico installato in Occidente ai martiri di Odessa. 


Noi non dimenticheremo mai!

giovedì, maggio 02, 2024

GigieRoss a gialappa


 

Tommaso Merlo

 La mente ripete schemi e abitudini anche per decenni. Ama tutto ciò che è noto, famigliare e ci imprigiona così in una vita fatta dei soliti pensieri, delle solite azioni, dei soliti sentimenti. Scopiazzando e sguazzando nel conosciuto, la mente si sente rassicurata ed ingoia pure la noia pur di non cambiare, pur di evitare strade inedite. Questo perché il personaggio egoistico che ci impone, ha paura di perdere il controllo, di non farcela, di svanire nel nulla da cui proviene. Il personaggio egoistico che recitiamo sui palchi della vita, ha paura che la sua recita crolli e con essa tutte gli schemi e le abitudini e le false certezze con cui ci tiene imprigionati. Il cambiamento avviene quando ci emancipiamo dalla nostra mente, quando invece di ripetere creiamo, quando rischiamo intraprendendo strade mai battute anche a costo di dover rimettere in discussione il proprio personaggio egoistico ed abbandonare tutti i palchi della vita. Il cambiamento è più agevole quando il nostro personaggio va a sbattere contro qualche muro, molto più arduo cambiare quando ci si convince di avercela fatta, di essere qualcuno. In quel caso il nostro personaggio egoistico si attacca coi denti alla sua falsa identità e alle sue medaglie di cartone e diviene ancora più arrogante ed allergico a qualunque novità. Per cambiare bisogna emanciparsi dalla mente, bisogna evolvere ed abbandonare il proprio personaggio egoistico e tornare se stessi. Per cambiare bisogna far riemergere la propria essenza, la propria natura spirituale. 


Tommaso Merlo

mercoledì, maggio 01, 2024

Prevert

 IL TEMPO PERSO 



Sulla porta dell'officina
d'improvviso si ferma l'operaio
la bella giornata l'ha tirato per la giacca
e non appena volta lo sguardo
per osservare il sole
tutto rosso tutto tondo
sorridente nel suo cielo di piombo
fa l'occhiolino
familiarmente
Dimmi dunque compagno Sole
davvero non ti sembra
che sia un po’ da coglione
regalare una giornata come questa
ad un padrone?