lunedì, maggio 06, 2024

Tommaso Merlo

 La polizia malmena gli studenti fuori dai campus americani. La rivolta pro Gaza dà fastidio alla Casa Bianca perché tocca una piaga della democrazia a stelle e strisce. La politica in balia delle lobby invece che al servizio del popolo, coi soldi che contano più dei voti. Quello di Biden non è marasma senile, ma paura della verità dopo decenni di ipocrisia. Non c’è nessuna reale ragione economica o strategica che giustifichi il supporto incondizionato degli Stati Uniti ad Israele e tantomeno alla sua versione più nera guidata da Netanyahu. Nessuna reale ragione se non la grande potenza della lobby pro Israele in quel di Washington. Nessun complottismo, un fatto conclamato ed ormai ammesso apertamente da esponenti di spicco dell’élite statunitense. È il sistema che funziona così e quella pro Israele è una lobby tra le tante anche se storica e molto radicata. Anche l’imbarazzante doppio standard con cui gli Stati Uniti si spacciano nel mondo come paladini della democrazia e dei diritti umani mentre coi Palestinesi hanno chiuso occhi ed orecchi, si spiega così. La Casa Bianca ha assecondando Netanyahu e i suoi sodali scalmanati per anni in ogni nefandezza con picchi tragicomici come coi veti e le astensioni al Consiglio di Sicurezza dell’ONU mentre migliaia di donne e bambini morivano sotto le bombe made in USA. Il lobbismo è una gravissima depravazione democratica che questo conflitto israelo-palestinese sta clamorosamente svergognando grazie ad un duplice fattore. La lobby pro Israele è molto potente nei media tradizionali ed è sempre riuscita a fare leva sulle solite litanie propagandistiche. Tipo il presunto antisemitismo di chiunque critichi la politica di Tel Aviv oppure la retorica del diritto alla difesa e all’esistenza quando si aggredisce e si nega l’esistenza altrui. Netanyahu pensava di poter fare i suoi comodi anche questa volta e che i media tradizionali avrebbero fatto digerire tutto alle masse dormienti occidentali mentre il nauseabondo politically correct dei politicanti in carriera avrebbe completato l’opera come da tradizione. Ma terrorizzato dal dover rispondere del disastro del 7 ottobre e di dover appendere la lingua al chiodo per sempre, il vecchio Netanyahu e i suoi amichetti scalmanati si son fatti prendere la mano sottovalutando contemporaneamente l’era social grazie alla quale le vittime del loro odio si son trovate in diretto contatto con miliardi di persone sparse per il mondo. E senza filtro. Le interazioni pro Gaza hanno stradominato la rete, al punto che Tel Aviv ha cercato di correre ai ripari investendo cifre folli in contro-informazione. Tutto inutile, la più lunga e sanguinaria guerra dal 1948 ha fatto il giro del mondo in tutta la sua cristallina brutalità scatenando proteste dalla vastità inedita. Un’ondata che ha costretto i flaccidi politicanti di molti paesi a darsi una mossa, ad esempio accelerando il riconoscimento dello Stato Palestinese o sanzionando i coloni israeliani più estremisti con doppio passaporto. Fatti inediti. Come quello del Tribunale Internazionale che esamina addirittura l’accusa di genocidio, una parola mai nemmeno contemplata sui media tradizionali prima d’ora. Ed eccoci qui. Cessate il fuoco o meno, la questione palestinese rimane intatta nella sua drammaticità, con Israele però mai così debole per le profonde fratture interne, per una immagine internazionale ormai compromessa e nemici regionali mai così agguerriti. Per il giurassico Biden davvero una brutta grana a pochi mesi dalle elezioni. Quel farabutto di Trump passa più tempo in tribunale che a far comizi eppure tiene ancora nei sondaggi. Nonostante pornostar pagate in nero ed intrighi da telenovela sudamericana di quart’ordine, quel vecchio maiale ancora se la gioca e la mummia di Biden trema solo all’idea di dover rispondere di quanto la lobby pro Israele spadroneggi in quel di Washington da un’eternità, da quando era ancora bello arzillo. Ecco allora la polizia americana manganellare gli studenti universitari che osano chiedere addirittura una Palestina finalmente libera. Davvero troppo. Serve un cessato il fuoco al più presto e calmare gli animi, serve normalità. Ci sono le elezioni a novembre e non è il momento di parlare di politica in balia delle lobby invece che al servizio del popolo e di soldi che contano più dei voti. And God bless America. 

Tommaso Merlo

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