venerdì, settembre 09, 2022

Barbara Lezzi

 Sembrava cosa fatta ma la decisione sul tetto al prezzo del gas è saltata. Rinviata ad ottobre come se non fosse urgente intervenire per dare sollievo a famiglie e imprese che vivono un'economia di guerra.

Alcuni Paesi del Nord Europa non sono ancora convinti e allora è facile pensare che il modello PNRR abbia avuto successo solo perché la crisi sanitaria riguardava tutti. Ora non è così, quindi l'Italia è lasciata sola con l'inflazione galoppante, l'aumento dei tassi di interesse, bollette stratosferiche, decine di migliaia di imprese sull'orlo della chiusura con conseguente disoccupazione per centinaia di migliaia di lavoratori, famiglie che con terrore aspettano che si verifichi la previsione secondo cui pagheranno 500 euro al mese (ripeto al mese) solo di bollette.
Nel frattempo, Draghi e i suoi ministri tentennano, aspettano chissà cosa per varare un decreto che possa perlomeno tamponare questa tragedia economica e sociale e si sa già che le risorse che si metteranno in campo saranno pochissime e, come sempre, insufficienti. Se il mondo produttivo si ferma e le famiglie non consumano, altro che debito pubblico da contenere! Il rapporto debito/PIL continuerà ad aumentare.
Quello che più risulta scoraggiante è che le forze politiche in campo non hanno alcuna strategia, alcuna prospettiva per il futuro. Sia un eventuale scostamento di bilancio che un fondo europeo comune necessiterebbero di un piano per raggiungere una via d'uscita perché, se va bene, saremo indipendenti dal gas russo solo tra due/tre anni e teniamo sempre presente che ci stiamo affidando a paesi storicamente instabili per perpetuare la nostra dipendenza.
Assecondando gli USA, non è ancora chiaro l'obiettivo che si intende perseguire. Sconfiggere la Russia con le armi e cacciarla dall'Ucraina? Oppure, usando le sanzioni, la si vuole piegare economicamente in attesa che il popolo rimuova Putin?
Quanto tempo ci vorrà per ottenere questi risultati? Ma il punto su cui dovrebbero concentrarsi coloro che si candidano a guidare il nostro Paese dovrebbe essere il livello di resistenza che ha il nostro tessuto economico e sociale. Al di là delle buone intenzioni, anche i meno peggio non si spostano dalla via tracciata e non azzardano proposte concrete di dialogo con i partner internazionali al fine di rivedere la strategia sull'invio delle armi e sulle sanzioni.

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