lunedì, maggio 08, 2023

Equa

 INPS ha certificato una verità che tanti, empiricamente, già conoscevano: ci sono più pensioni che salari e stipendi, più pensionati che lavoratori.

 


I numeri più bassi del rapporto si riscontrano nelle regioni e nelle province del Sud, dove l’82% delle province è sotto la “quota 100” nel rapporto tra buste paga e pensionati, con uno scompenso economico ed occupazionale ancora più grave per il Sud. 

E se pensiamo alla coesione territoriale, al rapporto fra zone interne e aree metropolitane, all'autonomia differenziata, capiamo che non possiamo più rinviare certe riflessioni.


In totale, in Italia 39 province su 107 sono al di sotto del rapporto uno a uno, cioè di un lavoratore ogni pensionato che, comunque, non trasmette purtroppo sicurezza sui conti previdenziali, perché, di fatto, sulle spalle di un lavoratore si appoggia un pensionato. Decenni fa la situazione era ben diversa, ed un pensionato poteva contare sui contributi versati da 4/5 lavoratori per la sua pensione, con rapporti decisamente più favorevoli per tutti. E se oggi pensiamo che il 55,8% dei trattamenti pensionistici erogati dall'INPS non supera i 750 euro, come ricordato a marzo passato dall'Osservatorio Pensioni dell'INPS stesso, ci tremano le vene ai polsi.


Le prime province del Sud che superano la soglia positiva di un lavoratore ogni pensionato sono quelle di Brindisi e Bari, dove per ogni 100 trattamenti di pensione si contano, rispettivamente, 101 e 102 lavoratori attivi, prima delle città che fanno meglio (Caserta con 104 e Matera con 105). 


Al contrario, le situazioni più preoccupanti si riscontrano in tre province della Calabria: a Reggio Calabria e Catanzaro sono 67 i contribuenti attivi sul lavoro ogni 100 pensionati, mentre a Crotone (e a Messina, nella vicina Sicilia) si arriva a 72 e a Vibo Valentia a 76. Qualche gradino più in alto si ritrova Cosenza, con 78 attivi ogni 100 pensionati (insieme a Lecce e Caltanissetta), più in basso di Oristano (79), L’Aquila (provincia del Centro Italia con il più basso indice) a 80, Taranto e Terni con 81.


In perfetta media italiana (111 lavoratori per 100 pensionati) si trovano le province di Barletta-Andria-Trani e  Pescara, addirittura più di Torino, ferma a 110. 


Abbondantemente sopra media Roma (131 lavoratori ogni 100 pensionati) e Milano (insieme a Parma e Padova con 133), mentre Genova supera di poco la soglia di 100 (102), Napoli è sotto il rapporto uno a uno (96) e, ancor di più, Palermo, con 84 lavoratori ogni 100 pensioni.


Tra le città che hanno un margine ancora ampio nel rapporto tra lavoratori attivi e pensionati, si segnalano Lodi e Aosta (con 134), Brescia (135), Verona (137) e, soprattutto, Monza e Brianza (146), la Provincia autonoma di Trento (147), Prato (148) e la Provincia autonoma di Bolzano (162).


Conclusioni: se già ora ci sono parti del paese, province, incapaci di offrire lavoro ai loro giovani, questa carenza di lavoro sposterà i pochi giovani presenti nelle province ove c'è offerta di lavoro, impoverendo ancora di più zone deboli, fragili. 


Alla faccia della coesione territoriale, sociale ed economica.


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