lunedì, dicembre 27, 2021

Barbara Lezzi

 Deve essere molto difficile vivere con i limiti  descritti in questa intervista dal procuratore Gratteri e al contempo constatare che la lotta alla Mafia è uscita dall'agenda del Governo.


È da leggere fino in fondo quest'intervento di Gratteri che non offre nessun alibi alla rassegnazione del degrado della politica. 


di Marcella

Cocchi

Procuratore Nicola Gratteri, ricorda quanti anni aveva quando decise di lottare contro la criminalità organizzata?

«Ero giovane. Da Gerace andavo a scuola a Locri, dove davanti alle medie, poi al liceo, non sopportavo l'arroganza dei figli dei mafiosi che si atteggiavano

come i bulli di oggi».


Scattò allora la scintilla?

«Forse l'idea di fare qualcosa per combattere quel tipo di prepotenza é nata in quegli anni. Mi sono iscritto alla Facoltà di Giurisprudenza, poi ho superato il concorso in magistratura. Quando è stato il momento di scegliere la prima destinazione, ho scelto proprio Locri e da allora non ho mai lasciato la Calabria».


Oggi, dopo 35 anni, ritiene di aver dato giustizia a chi la chiedeva?

«Ci provo. Ogni giorno. Ricevo centinaia di persone che vogliono denunciare. Spero di riuscirci, anche se non ê facile. Ma ce la metto tutta. Lo dico anche ai miei colleghi più giovani. Dobbiamo essere credibili, perché solo cosi ė possibile convincere la gente a denunciare, a ribellarsi, a collaborare».


Gerace, anni Sessanta-Settanta quando lei era adolescente: avrebbe potuto diventare un

capo mafia anche lei?

«Ho avuto la fortuna di nascere in una famiglia modesta, ma dignitosa e laboriosa. I miei genitori mi hanno insegnato l'importanza del rispetto, del lavoro, dell'onestà e della generosità».


Merito dei suol, dunque?

«Se fossi nato in una famiglia diversa, sarei potuto diventare mafioso, come alcuni dei miei compagni di infanzia. Gente che poi ho ritrovato in giro per il mondo. Li ho dovuti arrestare e

chiederne la condanna. Non è stato facile. Ma a dividerci sono state le diverse scelte di vita».


I suoi genitori si trovarono mai a fare scelte difficili contro la 'ndrangheta?

«Gerace, rispetto a Locri era meno soggetta al giogo mafioso. I miei non hanno mai subito mi

nacce o richieste estorsive. D'altronde non è che fossero ricchi. Mio padre faceva il camionista e

poi ha aperto un piccolo negozio di generi alimentari. Mia madre era casalinga».


Ai suoi figli, ai giovani, consiglierebbe di lasciare la loro terra per andare all'estero?

«Ognuno deve fare le proprie scelte. Quando non si trova lavoro, é difficile chiedere a un giovane di restare. Mi auguro che i soldi destinati al Sud dal Pnrr contribuiscano a interrompere la fuga di tanti cervelli che

impoveriscono le nostre terre. È un peccato perderli dopo averli formati. Spesso, quando si arriva alla laurea, il professore più che il meritato titolo di studio, allo studente sembra ironicamente consegnargli il passaporto».


Ha idea di quanti "affiliati" ha fatto arrestare?

Nel solo maxi processo "Rinascita Scott" si contano 350 imputati...

«Non saprei, faccio il magistrato requirente da oltre 30 anni. "Rinascita Scott" è un processo

che riguarda una sola provincia calabrese e un solo clan, quello dei Mancuso e delle altre famiglie ad esso riconducibili. Nella mia carriera ho chiesto l'applicazione di misure cautelari e condanne per tantissimi 'ndranghetisti».


Ha mai pensato di smettere?

«Non l'ho mai pensato».


Sempre con la scorta dal 1989. Qual è stato l'ultimo film che vide al cinema?

«Non me lo ricordo. Non vado al cinema da almeno 30 anni. Anche il mare per me è off-limits, nonostante abiti a meno di 10 chilometri dallo lonio».


Dopo tante sfide e attentati, per fortuna sventati, come si convive con la paura?

«Cerco di addomesticarla. Sarei ipocrita a dire di non avere paura. Ma ho cercato sempre di non tarmi condizionare da quello che é un sentimento umano.

Legittimo, ma non condizionante. Le mie motivazioni sono più forti della paura».


Gratteri come Falcone: sa che l'accostamento è stato fatto anche dalla mafia (per esempio è emerso nelle indagini sulla cosca di San Leonardo di Cutro): che effetto le fa?

«Sono paragoni improponibili. Falcone era un gigante. Come Borsellino».


Parole come mafia e 'ndrangheta sono uscite dal radar del governo?

«Purtroppo, si. Quella che dove va essere una prioritá bipartisan è scomparsa dall'agenda politica».


Sulla riforma Cartabia ha detto che "farebbe un favore alle mafie": ancora ritiene che metà dei processi finirebbero in Appello sotto la scure dell'improcedibilità?

«Lo confermo. Prima della riforma, bisognava snellire l'iter dei processi, informatizzandoli. Dichiarare improponibili i processi che non arrivano a giudizio

definitivo entro un determinato periodo significa negare giustizia a chi si affida a noi per averne. Sarà sempre più difficile condannare persone per reati contro la pubblica amministrazione, corruzione, reati ambientali, omicidi colposi e quant'altro».


É arrabbiato...

«Mi indigna quando si ripete che questa riforma sia stata fatta per ottemperare a una richiesta dell'Unione europea. L'Ue ci aveva chiesto la riforma del processo civile non di quello penale, e comunque certamente nonci ha chiesto di "tagliare processi con la scure. Per quello penale bisognava sentire chi queiprocessi li vive sulla propria pelle ogni giorno. E invece si è scelto di fare qualcosa di cui non avevamo bisogno».


Per un soffio non diventó ministro della Giustizia con Renzi.

«È una vecchia storia. Sono passati più di 8 anni. Ora sono felice di essere il procuratore della Repubblica di Catanzaro. Se potessi resterei qui per il resto della mia carriera. Purtroppo, a Catanzaro non posso stare più di otto anni».


Perché ha deciso di rinunciare alla corsa per la procura di Milano? E ora nutre speranze per la Direzione Antimafia per cui è in lizza?

«Ho scelto di non candidarmi a Milano perché non ero interessato a guidare quella procura.

Ho presentato domanda per la Direzione nazionale antimafia, perché ritengo sia più in linea con quanto da me fatto fino a questo momento. Vedremo».


Falcone ingoiò bocconi amari quando le correnti della magistratura non lo sostennero all'Antimafia. Non c'ė lo stesso rischio per un magistrato o extra-ordinario come lei?

«Non posso rispondere io a questa domanda»


E a llda Boccassini, che nella sua biografia le ha dato del "vanitoso", uno volto solo alla leadership e non al lavoro in pool, non replica nulla?

«No assolutamente, non mi interessa».


Qual è ora l'aspetto più inquietante della 'ndrangheta?

«La capaCita di fare Sistema anche in territori lontani da quelli d'origine. Non soltanto in Europa, nel resto del mondo».


Gratteri, chi sta vincendo tra mafie e Stato al momento?

«Per usare un termine sportivo, diciamo che si sta pareggiando. Ma è una battaglia che non tutti vogliono combattere».

Nessun commento: