mercoledì, dicembre 29, 2021

Tommaso Merlo

 Il mondo si ostina a roteare e chi non tiene il passo rimane indietro. Proprio come i paesi elitari come il nostro. Serve un nuovo movimento inclusivo verso le nuove generazioni. Che apra loro le porte e le lasci libere di esprimersi. Libere. Ma per fare questo serve fiducia in loro. Bene raro alle nostro latitudini. E serve altruismo, bene rarissimo. Le élite nostrane si fidano solo di se stesse e sono alquanto stitiche di qualsivoglia passo indietro. In compenso persistono cocciutamente. Fino all’ingresso del camposanto. Ego esistenze. Ma la colpa è anche delle nuove leve che si adeguano all’andazzo. Molto più comodo e redditizio. L’Italia è uno di quei paesi in cui il conformismo è una apprezzata qualità mentre l’innovazione e a volte perfino la libertà, un problema. Poi ci si chiede perché siamo un paese in fondo a tutte le classifiche occidentali, dopo la Grecia. Già, chissà perché. Le nuove generazioni rimangano fuori dalla porta finché non garantiscono alle élite serena continuità. E così fuori dalla porta rimangono anche le nuove idee, perfino politiche. Tasto dolente. Le élite nostrane non partoriscono una nuova idea dalla notte dei tempi, ma quando emergono quelle altrui scatenato le artiglierie mediatiche per distruggerle. Tutto ma guai a toccargli lo status quo. Così alla lunga chi osa pensarla diversamente o si arrende o si rimangia tutto da solo e lo status quo può stare tranquillo. Già, ma il mondo si ostina a roteare e chi non tiene il passo rimane indietro. Proprio come i paesi impauriti come il nostro in cui le élite tengono fuori dalla porta anche le nuove culture. Quelle dei nostri vicini di casa che possono alimentare imbarazzanti paragoni, ma soprattutto le culture di quei milioni di poveri cristi che sono sbarcati in Italia in cerca di fortuna. Basterebbe questo fatto per capire come è messo male il mondo. I poveri cristi del pianeta si son stancati di finire sotto le bombe e aspettare aiuto e si son messi in marcia. Apriti cielo. I nostri ferrei equilibri si son sbriciolati come biscotti secchi. E dove nascono le paure prima o poi arriva qualche politicanti a lucrarci sopra. Perché la paura rende un sacco di voti. Paura di ciò che non si conosce. Tipo il domani. Tipo il diverso. Paure di perdere la propria roba e la propria identità. Il giochino è semplice. Basta promettere sicurezza e protezione e piovono poltrone a catinelle. Ma gli anni passano e l’aria sta cambiando. Anche i trogloditi stanno capendo che rinchiudersi nelle proprie caverne armati fino ai denti e alzare muri e fili spinati non serve ad una beata mazza di niente. Il mondo si ostina a roteare. E altro che disgrazia. Gli immigrati sono la fortuna di paesi vecchi e ottusi come il nostro. Sono la fortuna economica perché noi non facciamo figli e perché certi lavoretti a noi “benestanti” non vanno più a genio. E sono la fortuna sociale perché portano nuova linfa vitale. Altro che disgrazia da ignorare. Risorsa da valorizzare intelligentemente. Altro che paura. La diversità stimola l’evoluzione mentre l’omogeneità favorisce il ristagno e la piattezza. Uno dei mali nostrani. Ci volevano gli immigrati per far barcollare il campanilismo atavico. Già, sta nascendo una nuova società. Molto più variegata e quindi complessa e quindi interessante. E una nuova società è la base di un nuovo paese. Che le élite nostrane facciano spallucce non sorprende affatto, molto di più che lo faccia la politica. Serve un nuovo movimento inclusivo che la smetta con le ipocrisie da campagna elettorale. Gli immigrati sono una realtà storica tra le più impattanti di questa era. Un cambiamento virtuoso ma che va gestito altrimenti ci travolgerà. Indietro non si torna e da come è messo male il mondo gli arrivi non faranno che aumentare. Serve un movimento inclusivo. Verso le nuove generazioni e le nuove idee e che le lasci libere di esprimersi. Libere. Un nuovo movimento fiducioso nelle nuove energie e nella nuova società che sta emergendo. Perché il mondo si ostina a roteare e chi non tiene il passo rimane indietro.


Tommaso Merlo

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