lunedì, febbraio 21, 2022

Pino Cabras

 21 FEBBRAIO 2022: CRISI UCRAINA, UN PUNTO DI SVOLTA. 

Come accade da anni, la grande stampa non se n'è accorta subito, ma la crisi ucraina del febbraio 2022 è uno degli eventi più importanti da venticinque anni in qua. Segna un passaggio molto delicato, per molti spiazzante.

Dopo l'11 settembre 2001 fu recitato il mantra del “nulla sarà come prima”. La formula andrà rispolverata, magari in modo più giudizioso.

Non potranno essere più “come prima” né l'autopercezione dell'Occidente atlantista, né la valutazione che questo mondo dà della Russia putiniana, né si potrà più pensare di prendere decisioni con implicazioni militari nei confronti di Mosca con l'illusione che non abbiano un prezzo salatissimo da pagare, e subito. Si è già consumato tutto il tempo di un colossale abbaglio, ma dobbiamo capirlo al più presto se non vogliamo precipitare nella più grande catastrofe del nostro secolo.

La cosa che più mi ha colpito è lo stupore di molti analisti di fronte alla determinazione della reazione russa alle azioni del governo di Kiev in Donbass. Nel momento di massima tensione le classi dirigenti ucraine hanno attaccato massicciamente il territorio russofono.

L'inconsapevolezza che regna non dico fra le nostre popolazioni ma anche fra le nostre classi dirigenti è della stessa pasta di quella di Kiev.

Su «The Times» del 26 agosto 2008 (pochi giorni dopo un episodio che doveva già far capire dove si andava a parare, la guerra in Ossezia), è stato ricordato che «Lord Salisbury, ministro degli esteri e Primo Ministro ai tempi dell'Impero Britannico, irradiò un potere globale immenso; il che non significa che amasse giocare con questo potere. Di fronte a proposte di scelte politiche britanniche che riteneva in grado di danneggiare profondamente gli interessi di altre grandi potenze, Salisbury avrebbe guardato i suoi colleghi negli occhi chiedendo semplicemente: “siete davvero pronti a combattere? Altrimenti, non imbarcatevi in questa politica”. Se gli eventi di queste settimane hanno dimostrato chiaramente qualcosa, è che la Russia combatterà se percepirà sotto attacco i suoi interessi vitali nello spazio dell’ex Unione Sovietica, mentre l'Occidente non lo farà, e in effetti non lo potrà, dati i suoi conflitti in Iraq e Afghanistan». La lezione georgiana di allora non è bastata.

Non c'è stata alcuna trappola russa. Negli ultimi anni Mosca ha reso assolutamente, pubblicamente e ripetutamente chiaro che se la NATO voleva cambiare lo status strategico dell’Ucraina, la Russia avrebbe agito a tutela di interessi invalicabili. Da un lato, per vicinanza storica, gli europei sanno che su queste cose i dirigenti russi non scherzano. Dall’altro lato, gli americani sembrano sempre sottovalutare questa determinazione e trascinano comunque gli europei verso prezzi sempre più alti da pagare, potenzialmente devastanti. Le sanzioni fanno male prima di tutto all’Europa. Una cesura economica fra Europa e Russia comporterebbe un terribile ridimensionamento del tenore di vita di tutta l’Europa che lascerebbe indenne o quasi la potenza nordamericana.

Eppure i ministri degli esteri continuano ad agire come se la Russia fosse ancora lo Stato esausto degli anni novanta su cui sobbalzava etilicamente Boris Eltsin e sul cui collo gravava il cappio del Fondo Monetario Internazionale. Non è più quel paese.

Perciò è importante aprire gli occhi, capire da cosa nascono le illusioni e dissiparle con una migliore percezione dei tempi di ferro e di fuoco che si preparano.

Anziché inseguire una “unità dell’Occidente” forzata e tutta a spese dei popoli europei (con gli Americani pronti a combattere “fino all’ultimo ucraino”), occorre costruire una nuova architettura di sicurezza. Lo diciamo proprio mentre molti indossano l’elmetto.

Lo schema nemici/amici che caratterizzò la Guerra Fredda va superato. Un’Europa che vuole sicurezza non si deve creare nemici.

Il suo compito primario sarà di costruire amicizie durature, cooperazioni strategiche a 360 gradi, poiché una qualunque guerra globale sarà la fine dell’umanità.

Gli Stati Uniti, da alleato-protettore privilegiato, quali sono stati, devono diventare amici in una nuova alleanza su piede di parità con l’Unione Europea.

La Russia – che ha bisogno dell’Europa, e che, nonostante i diversi regimi politici, è già fortemente interconnessa con l’Europa – è il grande vicino di casa con cui non si può non essere amici. Ad essa l’Europa deve guardare come a un partner strategico, parte integrante della indivisibile sicurezza europea.

Il contrario è solo preparazione a una guerra più vasta.

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